a cura di Maria Giuditta Valorani – PhD, Research Associate, Queen Mary University of London – UK
Uno studio presentato da un giovane ricercatore della Società Italiana di Diabetologia (SID), il dr. Ernesto Maddaloni al Congresso dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), rivela che la vitamina D è una possibile arma di prevenzione del diabete di tipo 2, poiché migliora la insulino-resistenza e la funzione delle cellule beta pancreatiche produttrici di insulina.
La vitamina D esercita i suoi effetti anche al di fuori delle ossa, influenzando il metabolismo.
Lo studio ha dunque valutato l’effetto di una supplementazione di calcidiolo (una forma di vitamina D) sull’insulino-resistenza, sulla funzione delle cellule beta pancreatiche e sui marcatori di infiammazione e di stress ossidativo nei soggetti con pre-diabete e bassi livelli di vitamina D.
A questo scopo, 150 pazienti sono stati osservati e divisi in 3 gruppi, assumendo a seconda del gruppo diverse quantità di vitamina D o placebo. I risultati dimostrano che i livelli circolanti di vitamina D risultano correlati sia agli indici di insulino-resistenza, che alla funzionalità delle beta-cellule, parametri questi che migliorano dopo la supplementazione con alte dosi di calcidiolo. La vitamina D è un ormone che viene in parte assunto attraverso la dieta e in parte sintetizzato dall’organismo, a partire dal colesterolo, grazie all’azione dei raggi ultravioletti del sole.
Ne esistono diverse forme e il calcidiolo è la forma di vitamina D che viene misurata nel sangue. Dall’indagine non è stata evidenzia tuttavia la dose ottimale di vitamina D per prevenire il diabete di tipo 2.
“Una maggiore comprensione degli effetti della vitamina D sul metabolismo del glucosio, sull’insulino-resistenza e sulla funzione delle cellule beta pancreatiche potrebbe consentire nuovi approcci terapeutici nella prevenzione del diabete tipo 2 e nel progressivo deterioramento del controllo metabolico”, ha concluso il presidente della SID prof. Giorgio Sesti.