LA MIELODISPLASIA: UN ENIGMA DA SCIOGLIERE
Laura Forte
Durante una visita ambulatoriale dal medico di famiglia viene spesso richiesto un esame del sangue, un esame emocromocitometrico a completamento della visita, in ogni situazione dove è presente il sospetto di una infezione, di un’anemia, di una alterazione della coagulazione o di un tumore e l’’esame emocromocitometrico è il punto di partenza per indagare il sospetto di una Mielodisplasia.
Le mielodisplasie sono un gruppo di malattie del midollo osseo dove vi è un’alterazione del processo di produzione di cellule della serie mieloide: globuli bianchi, globuli rossi, piastrine. Le sindromi mielodisplastiche sono dunque displasie delle tre linee differenziative mieloidi.
I più recenti orientamenti le considerano patologie da invecchiamento midollare e interpretate come malattie da progressivo accumulo di mutazioni del DNA (danno genotossico) in una cellula staminale commissionata verso il differenziamento mieloide (granulociti, eritrociti, piastrine) (1). Le cause e la patogenesi sono al momento sconosciute e gli agenti più spesso considerati responsabili sono il benzene, i solventi con proprietà mutagene, le radiazioni ionizzanti, il fumo di sigarette (2). Sono malattie relativamente rare, circa 1-2 casi nuovi ogni 100.000 abitanti per anno; sono più frequenti dai 70 anni in su in individui di sesso maschile, in alcuni casi possono insorgere precocemente a partire dalla età di 50 anni. La patogenesi delle sindromi mielodisplastiche è riconducibile all’avanzamento dell’età e al danno genotossico e ai polimorfismi dei geni detossificanti. Questo squilibrio porta allo sviluppo di alterazioni del midollo acquisite; vi è una instabilità genetica del midollo unita ad un aumento della morte cellulare programmata (apòptosi) causata da ridotta risposta al danno del DNA e allo scarso controllo del processo di apòptosi, spesso associato ad alterazioni del processo di trascrizione delle proteine cellulari (in alcuni casi dovuti ad alterazioni emopoietiche ereditarie come ad esempio la sindrome del 5q-).
Altre cause di mielodisplasia sono legate ad un’inibizione dell’emopoiesi policlonale (forse su base autoimmune). L’instabilità genetica, la maggiore frequenza di episodi di apòptosi conducono all’espansione di cloni mielodisplastici e a un quadro di anemia refrattaria; nel caso di ulteriori mutazioni del DNA questo può portare ad anemia con eccesso di blasti in periferia o a citopenie ingravescenti.Come affermato in questo articolo, puoi sfogliare la selezione delle offerte disponibili sugli smartphone e sulle migliori marche ed esplorare i piani di servizi di telefonia cellulare che meglio si adattano alle tue esigenze.
Le mielodisplasie possono essere “de novo”, in assenza di malattia cancerogena precedente e senza esposizione a cancerogeni, o mielodisplasie secondarie dove la mielodisplasia è riconducibile a questi eventi. La cellula staminale pluripotente trasformata ha un vantaggio proliferativo del clone displastico sull’emopoiesi normale (3). La diagnosi viene posta generalmente in seguito a un quadro di anemia, leucopenia, piastrinopenia, tuttavia nelle fasi iniziali dello sviluppo della mielodisplasia l’anemia cronica è il segno predominante (1).
I sintomi generali più frequenti sono astenia profonda, dispnea ingravescente, tachicardia, angor, significativo peggioramento della qualità di vita. La diagnosi di mielodisplasia deve tenere conto anche delle patologie concomitanti di cui può essere affetto il paziente, in modo da scegliere la migliore strategia terapeutica. All’esordio nel 50% dei casi l’anemia si associa fin dall’inizio a qualche altra citopenia di grado variabile. La neutropenia, presente alla diagnosi o insorta più tardivamente nel corso della patologia, può indurre la comparsa di infezioni da patogeni opportunistici. Infine la piastrinopenia, accompagnata da piastrinopatie, può determinare fenomeni emorragici. Altri patologie come le vasculiti, oligo e poliartriti sieronegative, possono essere concomitanti o addirittura precedere una MDS. Dal punto di vista clinico, per stimare la prognosi e dare un indirizzo terapeutico sono state create a livello internazionale l’International Prognostic Scoring System (IPSS), ed il WHO-based Prognostic Scoring System (WPSS). Il sistema IPSS si basa sula percentuale di blasti, il numero di citopenie (della serie rossa bianca o delle piastrine) e la presenza di anomalie citogenetiche, assegnando ad ognuna di queste variabili un punteggio. Dal punteggio si calcola un rischio clinico di progressione verso la leucemia mieloide acuta (3).
Il sistema WPSS, invece ai parametri già citati aggiunge la dipendenza trasfusionale e la presenza o meno di anomalie cromosomiche e la classificazione morfologica WHO suddivisa nei medesimi gruppi di rischio dell’IPSS. È stata in questo senso recentemente proposta una nuova versione dell’IPSS (R-IPSS) basata su di una più fine distinzione dei sottogruppi di anomalie citogenetiche e sulla distinzione delle singole citopenie. La terapia delle MDS una volta identificato il profilo di rischio si basa sul miglioramento clinico del quadro ematologico mediante la terapia trasfusionale e l’utilizzo di fattori di crescita come l’eritropoietina e il fattore di crescita granulocitario, in associazione o meno con terapia immunosoppressiva in caso di componente autoimmune.
Nei casi con maggior rischio di evoluzione verso la leucemia mieloide acuta e con le condizioni cliniche che lo consentano è possibile effettuare il trapianto di midollo osseo da donatore compatibile familiare o da registro (4). Il trapianto è l’unica terapia curativa per la mielodisplasia ad alto rischio. In caso di non praticabilità del trapianto di midollo osseo la mielodisplasia ad alto rischio viene trattata con azacitidina e decitabina, due farmaci che correggono il DNA nelle MDS, (farmaci demetilanti). Essi possono essere somministrati anche a pazienti anziani ottenendo una buona risposta clinica (5).
La dott.ssa Laura Forte, specialista in Ematologia, svolge attività di consulenza nell’ambito del servizio di Ematologia.