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Convegno Bios: Alimentazione: educhiamo la famiglia?

Il 16 maggio 2015 si è tenuto a Roma, presso il Grand Hotel Ritz, il convegno scientifico “Alimentazione: educhiamo la famiglia?”, organizzato dalla Bios S.p.A. Sono intervenuti numerosi pediatri e medici sensibili al problema sovrappeso-obesità in età evolutiva. Introdotta in maniera brillante dal dott. Armando Calzolari (cardiologo e medico sportivo), l’iniziativa ha riscosso notevole successo ed ha consentito di affrontare le numerose problematiche dell’alimentazione in famiglia da diversi punti di vista.

Ricordiamo che un paziente obeso ha un impatto sulle casse del sistema sanitario nazionale maggiore (fino al 51%), rispetto a un soggetto normopeso. E in Italia, dove la percentuale di obesi supera il 20% della popolazione, i chili in eccesso hanno un costo sanitario di 2,5 miliardi di euro/anno. In assenza di una chiara azione dei policy maker, il fenomeno è destinato a crescere, rischiando di mettere a dura prova non solo la salute degli italiani, ma anche la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario.

Il convegno è stato una preziosa occasione per fare il punto della situazione “alimentazione in età evolutiva”, attraverso interventi di figure e competenze mediche diverse, per poter affrontare in maniera vincente il complesso tema dell’educazione alimentare.  Ovviamente il pediatra deve essere considerata una figura di primo piano al fine di incentivare corretti stili di vita, in quanto rappresenta il primo e, spesso l’unico, nutrizionista del bambino e del suo nucleo familiare. Tutto questo alla luce dei nuovi livelli di assunzione raccomandata degli alimenti (LARN 2014) e in occasione dell’Expo Milano 2015.

Il dott. Giorgio Pitzalis (gastroenterologo pediatra), ha ricordato come in campo pediatrico, l’Italia resta ai primi posti d’Europa per l’eccesso ponderale infantile. 1/3 dei bambini in età scolare è sovrappeso o obeso (osservatorio okkio alla salute).  Inoltre, il 50% degli adolescenti obesi tende a diventare un adulto obeso. Non vanno dimenticate le conseguenze sul piano emotivo e sociale dell’obesità, tra cui bassa autostima e ridotte relazioni sociali. I bambini obesi sono a rischio di stigmatizzazione ed esclusione sociale, con conseguente maggiore rischio di abbandono e/o basso rendimento scolastico, che può condurre, in seguito, a una ridotta stabilità occupazionale e più basso livello di retribuzione salariale.

Il dott. Danilo Fintini (endocrinologo pediatra), ha ribadito come nel nostro paese già da tempo si è evidenziato l’aumento di patologie dovute all’obesità e al sovrappeso e tali patologie stanno anticipando sempre più la loro comparsa in età pediatrica. Alcune alterazioni metaboliche come il diabete mellito di tipo II, la steatosi epatica erano fino a qualche anno fa retaggio dell’età adulto-senile, mentre negli ultimi anni tali patologie sono purtroppo sempre più spesso riscontrabili in bambini in età scolare e prescolare.

L’incremento del fenomeno sovrappeso-obesità in età pediatrica ha portato ad una serie di valutazioni scientifiche che hanno dimostrato ormai un legame diretto tra l’aumento di peso e patologie metaboliche e cardiovascolari precoci nell’ambito di quella che è definita sindrome metabolica. Nel bambino tale “sindrome” è caratterizzata dalla presenza di una circonferenza vita >90° centile associata a due alterazioni della pressione, del colesterolo o trigliceridi (tali valori sono differenti nelle varie età).  La circonferenza vita, infatti, è dimostrato essere un ottimo indice indiretto del grasso viscerale e quindi della presenza e dell’entità di resistenza insulinica. Tale resistenza insulinica è alla base dello sviluppo della patologia metabolica legata all’obesità infantile e da vari studi correla anche con il rischio di sviluppare steatosi epatica (NAFLD/NASH) in giovane età, ipertensione arteriosa e alterazioni glicemiche fino al diabete mellito di tipo II. Recentemente è stato dimostrato che i bambini obesi e sovrappeso, con e senza NAFLD hanno, inoltre, segni precocissimi di disfunzione ventricolare e atriale cardiaca e alterazioni della performance cardiovascolare e del fitness. Tutte queste alterazioni possono diventare irreversibili se non prevenute in età pediatrica e possono portare il bambino obeso a diventare un adulto obeso e “malato” con rischio cardiovascolare precoce.

L’unico mezzo di prevenzione ad oggi disponibile di fronte a questa pandemia, è l’educazione delle famiglie e dei bambini/ragazzi ad una alimentazione sana, equilibrata e normocalorica e ad una attività fisica e motoria costante e continua, secondo i regimi consigliati dai LARN recentemente aggiornati.

Per ottenere un risultato a lungo termine il bambini e la famiglia devono essere seguiti in modo multidisciplinare dal pediatra curante e da specialisti nella nutrizione, psicologia e endocrinologia e cardiologia dove necessario.

D’altra parte, come ha sottolineato la dott.ssa Sara Campolonghi (psicologa e coach alimentare),  aiutare le famiglie a cambiare le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita non è semplice: ci si scontra con abitudini e credenze consolidate negli anni, idee e sistemi familiari complessi e difficili da modificare, conoscenze falsate dalle informazioni dei media, e molto altro. Per fare questo il pediatra in primo luogo, e così il medico o il professionista della salute, non può limitarsi a dire ciò che si dovrebbe fare, perché sapere le cose non significa poi riuscire a farle e mantenerle nel tempo in autonomia. Non è efficace imporre prescrizioni o diete tout court, poiché rimarrebbero qualcosa di estraneo alla quotidianità di quella famiglia e per questo faticose da seguire e poco sostenibili nel tempo.

Ogni persona, ogni famiglia è un mondo a sé, con le proprie abitudini, idee, socialità e possibilità differenti, e con una propria disponibilità al cambiamento. Per mantenere viva la compliance occorre accompagnare gradualmente la famiglia verso un’appropriazione autonoma e consapevole di pratiche quotidiane differenti in una prospettiva di processo e non di risultato, aiutando a sostituire un pò alla volta le precedenti cattive routine costruendone di nuove, trovando in esse non deprivazione o sacrificio ma piacere, benessere e soddisfazione. Per costruire salute non serve dare soluzioni definitive, ma occorre fornire ai genitori gli strumenti per educare i propri figli alla salute dal principio, diventando essi stessi modelli e stimolo durante le attività quotidiane, la spesa, la preparazione dei pasti, la scelta delle attività nel tempo libero insieme.

L’ascolto, il giusto modo di comunicare e incoraggiare, la valorizzazione dei successi parziali, e l’utilizzo delle difficoltà e degli errori come indicatori utili su come proseguire, sono strumenti fondamentali sia per il medico che per il genitore al fine di ottenere risultati nel tempo, e coltivare la salute ed il benessere quotidiano in modo autonomo e piacevole.

Pertanto, parlando non più di semplice patologia ma di stile di vita, diventa fondamentale il lavoro di team e di un intervento multidisciplinare, così come l’utilizzo delle nuove tecnologie e di attività formative pratiche, al fine di “entrare” nelle case delle persone e gestire tutte le componenti in gioco con un aiuto concreto ed efficace a 360 gradi.


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