a cura di Maria Giuditta Valorani – PhD, Research Associate, Queen Mary University of London – UK
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29144448
Al Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia a Modena è stata generata pelle umana da cellule staminali, corretta geneticamente ed è stata poi trapiantata nel 2015 su un bambino siriano di 7 anni, colpito da Epidermolisi Bollosa Giunzionale, (Junctional epidermolysis bullosa) (JEB), una grave malattia genetica che rende la cute così fragile da formare bolle dolorose per ogni minimo trauma.
La prestigiosa rivista internazionale Nature ha dedicato la copertina di novembre 2017 alla strabiliante terapia combinata, che è stata messa in atto per ricostruire l’epidermide di Hassan il bambino siriano.
A fine del 2015, Hassan era ormai in fin di vita, per via di una grave infezione batterica che aveva degradato circa 80% dei suoi tessuti cutanei.
La sofferenza era divenuta insopportabile e Hassan fu ricoverato in coma farmacologico all’Ospedale di Bochum, in Germania, dove lui e la sua famiglia sono stati accolti come rifugiati di guerra.
Attirati dai risultati ottenuti in Italia, a Modena, dal gruppo di ricerca guidato dal prof. Michele De Luca i pediatri di Hassan si rivolsero al prof.
De Luca per estendere al loro paziente la terapia ancora in fase sperimentale messa a punto dal gruppo di ricercatori di Modena negli ultimi anni.
Questa terapia, sviluppata attraverso tecniche per coltivare in laboratorio cellule staminali estratte da ustionati gravi o pazienti affetti da malattie genetiche, permette di utilizzarle in modo tale da costituire praticamente “una nuova pelle”.
Le autorità tedesche approvarono in tempi record la cura e nel settembre 2015 una biopsia di 4 cm2 della cute di Hassan fu spedita a Modena.
Immagine al microscopio di colonie cellulari generate da un oloclone (cellula staminale epiteliale).
A partire da questo tessuto, i ricercatori italiani hanno stabilito una coltura di cheratinociti primari, successivamente modificata con un vettore retrovirale per esprimere una copia funzionante del gene mutato LAMB3, ed espansa così da ottenere nei mesi successivi fino a 0.85 m2 di epidermide transgenica, un’area sufficiente per coprire la superficie del corpo di Hassan nel corso di tre trapianti.
Dopo 21 mesi di cure e controlli per l’insorgere di possibili effetti collaterali avversi, l’esito è stato evidente: l’epidermide di Hassan è guarita ed è ora ancorata strettamente al derma, anche quando sottoposta a stress meccanico.
Il team dei ricercatori di Modena – Da sinistra Elena Enzo, Oriana Romano, Sonia Carulli, Alessia Secone Seconetti, Sergio Bondanza, Graziella Pellegrini, Michele De Luca, Laura De Rosa, Daniela Quaglino, Roberta Contin e Silvio Bicciato – Credits Francesca La Mantia.
Già nel 2002 il prof. De Luca e il suo team avevano registrato presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) il protocollo del loro primo studio clinico per la cura della Malattia JEB e nel 2006 erano stati pubblicati i primi risultati positivi, dati dall’applicazione di piccoli quadrati di cute sana generata a partire dalla biopsia di un paziente.
Infine, i dati raccolti durante questi trattamenti hanno portato alla scoperta di alcuni dei meccanismi biologici sottesi alla rigenerazione della cute umana, che è considerate uno dei tessuti a più alto tasso di rigenerazione.
Coltura cellulare di un lembo di epidermide umana coltivato su fibrina e processato sterilmente sotto cappa a flusso laminare.
“Fino ad oggi, il successo della terapia genica è stato di fatto limitato alle immunodeficienze congenite, curate al San Raffaele di Milano e anche al Necker di Parigi e University College di Londra.
Nonostante gli straordinari risultati per queste rare malattie del sangue, il lavoro del guppo di ricerca diretto dai prof. De Luca e Pellegrini, rappresenta il primo, definitivo successo della terapia genica, per una malattia che colpisce tessuti solidi del nostro corpo” ha commentato il prof. Giulio Cossu, dell’Università di Manchester.
“Questo lavoro apre la strada per trattare non solo altre forme di Epidermolisi Bollosa, ma in principio tutte le malattie genetiche che colpiscono gli epiteli che rivestono la superficie esterna e anche gli organi interni del nostro corpo”.