Bilirubinemia e la sindrome di Gilbert
Giuseppe Luzi
Nel globuli rossi la molecola “operativa” è l’emoglobina. Un prodotto del catabolismo dell’emoglobina è un pigmento di colore giallo-rossastro, che si trova nella bile: la bilirubina. Circa l’80% della Bilirubina ha origine dalla distruzione dei globuli rossi che, ormai “vecchi”, devono essere sostituiti. L’altra frazione (il 20%) della bilirubina deriva dal catabolismo di alcune emoproteine del siero (per esempio la mioglobina).
Seguendo l’emoglobina nei suoi passaggi di catabolismo, vediamo che il primo tempo vede la sua conversione in biliverdina. La biliverdina successivamente si trasforma in bilirubina grazie all’enzima biliverdina-reduttasi. Questa bilirubina non solubile viene definita indiretta (o non coniugata).
Affinchè la bilirubina indiretta possa essere trasportata nel sangue c’è bisogno di un suo legame con l’albumina, importante proteina che viene prodotta nel fegato. Quando la bilirubina arriva al fegato, dentro le cellule epatiche, si verifica un distacco dell’albumina e avviene il legame con l’ acido glicuronico (si parla di “coniugazione” con l’acido glicuronico). L’internalizzazione a livello epatico utilizza l’enzima ligandina (glutatione-S-transferasi B).
La bilirubina coniugata con l’acido glicuronico si definisce diretta. Il processo di coniugazione è catalizzato dall’enzima difosfoglucuronil transferasi (UDPGT). La bilirubina così coniugata è resa solubile e viene quindi escreta dall’epatocita nella bile. La bile, raccolta nella cistifellea (o colecisti) viene quindi convogliata nell’intestino tenue. Nel colon, grazie alla flora batterica presente nel tratto intestinale, avviene la trasformazione in urobilinogeno.
Circa un 15 -20 % dell’urobilinogeno torna in circolo e viene di nuovo captato dalle cellule del fegato che lo riversano ancora nella bile. Una parte piccola viene filtrata nel rene e si origina, per ossidazione, l’urobilina. L’urobilina è la molecola che conferisce alle urine il loro caratteristiche colore giallo-oro o giallo-paglierino. Il resto dell’urobilinogeno (i 4/5 circa) nel colon si trasforma in stercobilina. La stercobilina viene espulsa con le feci e conferisce a queste il caratteristico color marrone.
Dopo che la cellula epatica ha captato la bilirubina (senza albumina) la bilirubina contrae un legame con frazioni proteiche presenti nel citosol, la ligandina. A questo punto comincia Il processo di coniugazione che consente di ottenere un composto idrosolubile che può essere escreto nella bile. La modalità prevalente di coniugazione è con l’acido glicuronico e porta alla formazione di derivati mono e diglicuronoconiugati.
In una persona sana la quantità totale di bilirubina presente nel sangue (calcolata dalla somma di quella libera e di quella coniugata) si aggira tra lo 0.2 e l’1.1 mg per decilitro di sangue. Il valore della bilirubina diretta (o coniugata) è compreso tra lo 0.1 e lo 0.3 mg/dL. Il valore della bilirubina indiretta si ottiene invece per sottrazione della bilirubina diretta da quella totale (in condizioni di salute è compreso tra lo 0.2-e lo 0.8 mg/dl).
In alcune condizioni patologiche si osserva un aumento della bilirubinemia quando è distrutta troppa emoglobina oppure se, per varie cause, c’è un accumulo derivato dalla difficoltà della sua eliminazione nel fegato.
Ittero e iperbilirubinemia.
L’aumento della bilirubina plasmatica totale quando supera il valore di 3-4 mg/dl conferisce alla cute e alle sclere un colorito giallastro definito ittero.
L’ittero viene comunemente classificato in rapporto alla sede:
- pre-epatico (aumentata produzione di bilirubina);
- epatico (disfunzione e/o malattie del fegato)
- post-epatico (ostruzione dei dotti).
Ora sappiamo che due frazioni compongono la bilirubinemia totale: quella diretta (coniugata con l’acido ialuronico) e quella indiretta (non coniugata). Poiché le cause dell’aumento nel sangue della biluribina sono diverse è importante effettuare sempre l’esame frazionato della bilirubinemia, per conoscere il dosaggio della bilirubinemia totale, e quindi calcolando la concentrazione sia della diretta (coniugata) sia dell’indiretta (non coniugata).
Quando, per esempio nel corso di un check-up, si effettuano alcuni esami di routine è possibile trovare, in un certo numero di individui, un lieve incremento della bilirubinemia totale, senza che sia presente ittero franco e senza che la persona esaminata abbia manifesti problemi di salute. In buona sostanza abbiamo un soggetto che sta clinicamente bene, non lamenta alcun disturbo, ma ha solo un valore lievemente alterato della bilirubinemia.
La sindrome di Gilbert
Nel 1901 un autore francese, August N. Gilbert, osservò che alcuni individui sani hanno un lieve incremento della bilirubinemia, in gran parte della bilirubinemia indiretta. Può riguardare entrambi i sessi, ma prevalentemente interessa i maschi. E’ dovuta a una mutazione genetica che si manifesta sin dalla nascita, ma nella gran parte dei casi viene individuata nell’età adulta in modo occasionale, di solito grazie a esami del sangue effettuati per controlli di routine. Il deficit si evidenzia comunque in alcune particolari condizioni, quando è presente un forte stress fisico o psichico, se è avvenuta una eccessiva disidratazione, se si consuma alcol, o se un periodo di digiuno è troppo lungo
Augustin Nicolas Gilbert (1858 – 1927) è stato un medico francese che ha svolto diverse ricerca nell’ambito della Medicina Clinica, occupandosi di diabete, lue e malattie del fegato. Alcuni studi riguardarono in modo particolare l’ipertensione della vena porta. Il suo nome e ricordato proprio per la descrizione dell’iperbilirubinemia causata da mutazione ereditaria, la sindrome di Gilbert. Tuttavia la sindrome, come anche riportato in letteratura, dovrebbe essere definita anche con riferimento all’altro medico che contribuì alla sua definizione (Pierre Lereboullet)
Perché nella sindrome di Gilbert c’è un modesto aumento della bilirubinemia indiretta, che solo in casi particolari può dar luogo a un lieve ittero? Gli studi sul problema hanno dimostrato che l’accumulo della bilirubinemia indiretta è dovuto a un difetto nel passaggio che porta alla glicuronoconiugazione. L’enzima coinvolto è UGT1A, uno degli enzimi definiti UGT glucoronosiltransferasi. L’entità di tale deficit, compreso tra il 20 e il 70% del valore normale, determina la diversa espressione clinica e gravità sintomatologica (ittero) della malattia. In pratica la bilirubinemia indiretta non viene completamente glicuronoconiugata nella cellula epatica e aumenta, di poco, nel sangue.
In presenza di una sindrome di Gilbert gli enzimi del fegato come le transaminasi sono nella norma e l’organo svolge egregiamente il suo compito. Ne è affetto circa il 6 – 9% della popolazione adulta, con stime che possono differire in base all’analisi statistica. Se la quantità di bilirubina è elevata (maggiore di 2.5 mg/dl), si può manifestare l’ittero (colorazione gialla) della pelle e delle sclere (la parte bianca degli occhi). Talora i soggetti con la sindrome possono accusare disturbi vaghi come astenia, cefalea, facile affaticabilità.
Per la diagnosi di laboratorio è importante che il prelievo di sangue venga fatto a digiuno. Poiché, come premesso, l’iperbilirubinemia è conseguenza di varie malattie, alcune anche gravi, in caso di ittero è importante la diagnosi differenziale con altre patologie che causano lo stesso problema (ittero o subittero). Un metodo facile per diagnosticare la sindrome di Gilbert consiste nel test del digiuno. Se dopo 24 ore di ridotto apporto calorico la bilirubina sale, mentre tutti gli altri parametri restano nell’ambito della norma, il quadro dell’iperbilirubinemia indiretta indirizza ragionevolmente verso la sindrome di Gilbert.
Non esiste alcun tipo di terapia in quanto si tratta di un’alterazione benigna. Tuttavia la sindrome può associarsi a diarrea e ad un abbassamento dei globuli bianchi se il sogegtto assume irinotecano, farmaco antineoplastico usato in alcune tumori maligni.