Un amico insidioso non per colpa sua. Allergia al gatto.
Sono animali preziosi, variamente collocati nella letteratura e nella leggenda, il loro corpo è agile, flessibile.
Camminano in modo silenzioso e possono spiccare grandi salti. Sono vicini all’uomo e ne condividono in vario modo la vita: i gatti. I bambini ci giocano e anche gli adulti traggono vantaggio psicologico dalla loro presenza.
Non tutti li amano, ma spesso non ne comprendono la personalità libera.
Tuttavia c’è un problema, purtroppo alcuni di coloro che li amano con grande passione, sono “allergici” al gatto. L’allergia al gatto è una forma particolarmente seria di allergia che può colpire anche se non si è in contatto diretto con l’animale.
Ma quando si dice, nel linguaggio comune, “sono allergico al gatto” di cosa in realtà si sta parlando? Quale componente del corpo felino è responsabile del problema?
Gli allergeni (le sostanze che inducono allergia) del gatto sono presenti nella saliva e nelle ghiandole sebacee e veicolati dal pelo durante l’operazione di pulizia (si tratta di cellule della pelle che contengono sebo, prodotto dalle ghiandole sebacee del gatto per mantenere il suo pelo lucido e in buona salute).
Quando il pelo viene perduto l’allergene tende a disperdersi facilmente nell’ambiente e va depositarsi un po’ dappertutto: finisce sui mobili, sugli abiti, in diversi oggetti manipolati.
Viene quindi trasportato verso altri ambienti, in stanza da gioco, nella scuola, in ufficio, di casa in casa.
Le componenti chimiche strutturali dell’allergene consentono la sua persistenza ambientale per lungo tempo, anche quando le pulizie effettuate sono accurate e profonde, anche quando l’animale viene allontanato dall’ambiente con grande dolore di chi deve privarsi della sua compagnia.
In termini più dettagliati e, al contrario dell’opinione “popolare”, la vera causa di allergia non è in senso stretto il pelo del gatto, ma la proteina (Fel d1) prodotta da ghiandole salivari e sebacee (e sembra anche da cellule epiteliali squamose basali, in misura molto minore) che finisce nel pelo del gatto.
Questo allergene, disperso nell’ambiente circostante viene respirato da persone allergiche.
Come si verifica per i pollini o per la polvere, alcuni individui acquisiscono ipersensibilità nei confronti dell’allergene e quando vengono a contatto con il medesimo cominciano i sintomi (prurito ad occhi, naso e gola, comparsa di starnuti a raffica e intasamento mucoso del naso, congiuntivite, fino a serie manifestazioni asmatiche).
Si ritiene che circa l’80% delle allergie al gatto siano indotte dall’allergene Fel d1 ed è questo il motivo per cui i gatti sono probabilmente responsabili di due terzi di tutte le allergie causate dagli animali domestici.
In realtà il gatto produce diverse glicoproteine ma la Fel d1 risulta essere quella più significativa dal punto di vista della sensibilizzazione allergenica.
In parte è regolata dal testosterone perché nei maschi sottoposti a castrazione la sua sintesi diminuisce sensibilmente.
Tuttavia la castrazione non riduce la capacità di sensibilizzare soggetti predisposti. La struttura chimica primaria di Fel d1 è stata determinata: si tratta di una glicoproteina con due eterodimeri connessi mediante legami disolfuro.
Il motivo per il quale alcune persone diventano allergiche al Fel d1 (o ad altri allergeni) è piuttosto complesso e ancora non del tutto chiarito. In sostanza Fel d1 induce nel nostro organismo (come per altre allergie) la produzione di una immunoglobulina nota come IgE. Le IgE hanno un ruolo difensivo in natura e servono, per esempio, per contrastare alcune parassitosi.
Ma per determinate persone poco fortunate le IgE finiscono con il costituire un rischio.
Quando il soggetto allergico si sensibilizza a Fel d1, l’incontro tra IgE e Fel d1 innesca la liberazione di istamina. L’istamina, come è noto, è un mediatore chimico di varie reazioni allergiche.
Alcune di queste – fastidiose e insidiose, ma non gravi – possono essere gestite abbastanza bene ma in un significativo numero di casi compaiono manifestazioni asmatiche e l’evento, non raro, può avere diversi livelli di gravità. Del tutto recentemente una ricerca italiana ha dimostrato che il rischio di sviluppare un’allergia al gatto è maggiore quando l’animale viene adottato da adulti rispetto a quanto accade se la consuetudine con l’animale si instaura da bambini.
Sembra cruciale in questo studio il non tenere il gatto in camera da letto. L’indagine è stata pubblicata su J. Allergy Clin Immunol del 9 dicembre 2011 (“Risk factors for new-onset cat sensitization among adults:
A population-based international cohort study”. Indoor Working Group of the European Community Respiratory Health Survey II. Unit of Occupational Medicine, University Hospital of Verona, Verona, Italy).
I risultati sono derivati da una indagine sulla salute respiratoria nella Comunità Europea. In particolare, gli autori hanno preso in considerazione i livelli di immunoglobulina
E, l’anticorpo specifico rilasciato dall’organismo in risposta al contatto con pelo di gatto. Lo studio ha dimostrato che il possedere un gatto fin dall’infanzia è un fattore protettivo nei confronti di possibili sensibilizzazioni agli antigeni dell’animale e che un’anamnesi con precedenti altre sensibilizzazioni può favorire l’insorgere dell’allergia.